Agenzia Poetica Torinese
L’Agenzia Poetica Torinese ha una lunga storia. E’ stata fondata nel 1776 dal Cavalier Alessandro Sappa, patrizio alessandrino. Personaggio ingiustamente dimenticato, il Sappa ebbe nell’ultimo scorcio del Settecento notevoli meriti poetici e patriottici. Il suo ideale letterario si andò strutturando in netta polemica con l’aristocratico individualismo di Vittorio Alfieri.
Le cronache torinesi riferiscono di un focoso dibattito pubblico in cui Alessandro Sappa nel dare corso all’Agenzia Poetica Torinese, lanciò una gagliarda sfida letteraria a tutta la sonnolenta intellighenzia subalpina, affermando che il primo compito della poesia era quello di saggiare nell’azione concreta di ogni giorno e quindi nel corpo vivo della storia tutte le possibilità di liberazione individuale e collettiva. In quella circostanza l’Alfieri lo sfidò a duello e il Sappa saggiamente si defilò, lanciando al superbo astigiano la famosa battuta:“ Pisa pi curt, falabrac!”.
Il modernismo illuminista e lungimirante del Sappa lo portò a teorizzare una poesia d’occasione, intrisa di tutti gli umori dell’imminente rivoluzione industriale e dell’inevitabile ascesa delle masse popolari sulla ribalta della Storia.
Dopo duecento anni di oblio, gli ideali poetici di Alessandro Sappa e della sua Agenzia, risorsero a nuova vita ad opera di quattro giovani che alla fine degli anni ’70 si trovarono nella metropoli subalpina, dopo aver peregrinato per diverse contrade italiane, ed aver svolto per vivere i più disparati mestieri: il poeta Mario Bianco, l’abate Erasmo da Mondovì, Ugo da Zovon di Vò, e l’eretico Massimo Tosco.
I quattro luciferi si riconobbero subito come portatori di un messaggio chiaro e inequivocabile e di una missione semplice ed essenziale: riportare la poesia alla sua unità primigenia, alla sua primitiva essenza sciamanica, alla sua rivoluzionaria dimensione materialistica, corporea, tattile, immaginifica e spettacolare.
I suddetti quattro dell’ A.P.T. incominciarono a percorrere coi loro taccuini e foglietti tutto il Piemonte per diffondere il nuovo verbo poetico, tra mercati e bancarelle si diedero a vendere poesie d’occasione, alle assemblee popolari e operaie lessero i loro poemi, dal 1977 tennero un programma settimanale di poesia dai microfoni della Radio Torino Alternativa, intitolato “I denti d’oro del dinosauro”: un programma che ha fatto epoca e che a vent’anni di distanza è ancora ricordato dai tanti allora giovani che ne hanno ricevuto stimoli e incitamento per la loro vocazione poetica.
Nel giugno 1979 l’Agenzia Poetica Torinese partecipò al Festival di Caltelporziano e i quattro poeti ebbero modo di cimentarsi in bella tenzone poetica con Allen Gisberg, Ferlinghetti, Evtuscenko, Bellezza e tanti altri, ricavandone la limpida consapevolezza della validità ed eccellenza del progetto poetico dell’A.P.T.
Dopo aver accettato inviti a comporre inni celebrativi, allocuzioni laudative e peana apologetici dai più singolari committenti quali: il grande timoniere Mao Dse Don, l’imperatore Bokassa e il magnifico innovatore Pol Pot, l’Agenzia ebbe tra i committenti più vicini al proprio operare poetico la Fabbrica Italiana Automobili Torino e soprattutto il suo presidente; per le cui future glorie i quattro aedi tessero un panegirico detto “Apoteosi della Ritmo” che fu musicato magnificamente da Helton John e rischiò di diventare l’inno ufficiale brasiliano.
Questi esempi dimostrano come l’Agenzia Poetica Torinese non ha mai rifiutato di entrare nel vivo delle vicende storiche per spremerne l’essenza poetica e per confrontarsi con tutte le magmatiche manifestazioni dell’agire umano, anche nei suoi aspetti più bestiali e criminali. Il frutto di tali esperienze pubbliche procurò tuttavia ai membri dell’agenzia un sempre più profondo disgusto per il genere umano, che si tramutò piano piano in una progressiva afasia. Il risultato più appariscente di tale crisi fu una diaspora: l’eretico Massimo Tosco si trasferì nelle Valli Valdesi e da alcuni anni tenta di convertire al verbo poetico quelle refrattarie popolazioni; il poeta Mario Bianco forte delle sue origini sefardite si è imposto la conversione delle terre di Spagna e del Monferrato; Ugo da Zovon di Vo porta periodicamente la sua autorevole parola nelle terre orientali della sua infanzia spensierata (Repubblica Veneta e Istria), spingendosi spesso fino alle più lontane propaggini dell’est Europeo. L’abate Erasmo da Mondovì è quello dei quattro rapsodi che ha opposto alla durezza del mondo il rifiuto più enigmatico; si è staccato dai suoi compari di Agenzia, dice di non voler più saperne dell’Agenzia Poetica Torinese ed ha fondato un’agenzia teatrale in quel di Moncalieri.
Con il nuovo secolo l’Agenzia Poetica Torinese, senza alcun pentimento o incertezza e più entusiasta che mai torna a mostrarsi in pubblico, sicura che il tempo trascorso in solitarie meditazioni, studi enciclopedici e scritture estenuanti non è stato tempo perduto, ma per ognuno dei poeti è stato solo un necessario, anche se lungo, momento di discesa nell’abisso delle proprie origini e radici antropologico-etniche, natural-bestiali e divin-demoniache, in modo da risalire in superficie illuminati da una rinnovata visione esistenziale e confermati nella bontà della propria missione.
Massimo Tosco
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