Isabella Boscolo vive in un paesetto di Liguria, quasi al confine con la Francia, dove fa la portalettere. Ultima di otto sorelle (tutte belle: lei non le uguaglia certo nell’aspetto, ma le supera tutte per altezza d’ingegno) ha fatto studi classici senza tuttavia conseguire la laurea, a causa di un sopravvenuto stato di esaurimento psicofisico dovuto, pare, a una delusione d’amore. Come molte donne intelligenti si innamorò infatti di uno stupido, che al momento di lasciarla non seppe trovare di meglio da dirle che: “In realtà, fisicamente non mi sei mai piaciuta”. Da allora lei è caduta nell’anoressia e, benché ogni tanto riemerga a una condizione di apparente equilibrio, è sempre sul punto di riprecipitare preda del disgusto verso se stessa. Allora la vedi percorrere a piedi chilometri e chilometri nei boschi, lei e il suo cane, e letteralmente svanire alla vista.
Nei suoi versi finge. Finge di essere un’altra.
Dice che non è lei a scrivere poesie, ma una Isabella Boscolo che vive a Livorno e lavora come impiegata in un colorificio. Perché un colorificio, non sappiamo. Questa Isabella Boscolo ha un gatto anziché un cane, e amori brevi e felici con uomini anch’essi un po’ stupidi, ma poco nocivi. È pigra come il suo gatto. Non farebbe mai quelle matte camminate dell’altra: va soltanto a nuotare ogni tanto. Per amore dell’acqua. E scrive poesie.
(scheda inviata dall’autore.)